È un quesito che ne racchiude molti altri e che in quel momento la persona rivolge a me, ma anche a se stessa, tra il desiderio e la speranza di stare finalmente meglio (e possibilmente in fretta) e il vago sentore che comunque non sarà un percorso semplice. Stephen Cope, con le parole che seguono, esprime in maniera vivida, l'intensità di questo cammino:
<<“Il viaggio notturno in mare” è il viaggio nelle nostre parti interne che sono divise, negate, sconosciute, indesiderate, espulse ed esiliate nei diversi mondi sotterranei della consapevolezza... L'obiettivo di questo viaggio è di riunirci con noi stessi. Questo ritorno a casa può essere sorprendentemente doloroso, perfino brutale. Per intraprenderlo, dobbiamo necessariamente, e per prima cosa, accettare di non mandare nulla in esilio>>.
Ben presto “la fretta” abbandona la stanza d’analisi e ci si inizia a prendere il tempo che serve, il tempo della verità, che viaggia su ritmi completamente suoi, che vanno rispettati.
Come ha scritto il poeta W. H. Auden: <<La verità, come l’amore e il sonno, risente degli approcci troppo intensi>>, contiene già troppe pressioni emotive per poterne ricevere anche dall’esterno. Con una calma graduale si impara a sentire, svelare, tollerare, accettare, conoscere, padroneggiare, condividere e allora sì, pian piano, a guarire.
Dott.ssa Viviana Russo - Psicologa e Psicoterepeuta
B. Van Der Kolk, Il corpo accusa il colpo, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2015.